201710.12
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Contratti differenti, ma stessa anzianità contributiva

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16677 del 6 luglio 2017 ha deliberato in tema di anzianità valida ai fini pensionistici, e in particolare quella maturata da un lavoratore assunto in ragione di un contratto part-time. A conferma sia dei precedenti arresti giurisprudenziali (Cass. n. 8565/2016; Cass. n. 24647/2015), che dell’indirizzo della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, i giudici di legittimità hanno disposto che nonostante un rapporto di lavoro a tempo pieno sia idoneo a garantire una rendita pensionistica più alta rispetto ad un lavoro a tempo parziale (in virtù del numero maggiore di ore effettivamente prestate), quest’ultimo presenta comunque la medesima valenza del primo sul piano dell’anzianità assicurativa utile all’età pensionabile. Un lavoratore dipendente full-time a fronte di un orario di lavoro più lungo, nonché di una retribuzione normalmente più alta (elemento oggi rilevante solo in parte), ha diritto ad una pensione più ricca rispetto ad un lavoratore subordinato part-time; ciò non toglie, tuttavia, che ai fini dell’anzianità di servizio, quindi per il concreto accesso al pensionamento, entrambe le figure debbano essere equiparate. In tal senso, supponendo che due soggetti, nati lo stesso giorno, abbiano iniziato a lavorare a partire dalla stessa data, tanto il primo quanto il secondo avranno identica anzianità contributiva e potranno andare in pensione simultaneamente.
Nella sentenza della Suprema Corte prende rilievo la situazione di un soggetto assunto in forza di un contratto di lavoro in forma part-time verticale (quando l’attività lavorativa viene svolta a tempo pieno ma solo in certi giorni o periodi all’anno). Anche in questa ipotesi, dunque, è opportuno distinguere i contributi settimanali da accreditare al dipendente, rispetto all’anzianità previdenziale. “Il canone secondo cui, per i lavoratori a tempo parziale di tipo verticale ciclico, non si possono escludere i periodi non lavorati dal calcolo dell’anzianità contributiva necessaria per acquisire il diritto alla pensione, costituisce infatti una logica conseguenza del principio per cui, nel contratto a tempo parziale verticale, il rapporto di lavoro perdura anche nei periodi di sosta” dal momento che per questi intervalli di inattività non spetta né la disoccupazione, né la malattia (poiché, appunto, è come se il lavoratore stesse lavorando). Su questo versante la parità di trattamento tra lavoratori part-time e lavoratori full-time non può essere messa in discussione. Un’interpretazione in senso contrario non lascerebbe dubbi sul fatto che alla mancanza di tutela durante i giorni non lavorati verrebbe ad aggiungersi l’ulteriore svantaggio ai fini pensionistici, con la manifestazione di un chiaro esempio di illegittimità costituzionale.

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